Introduzione: Il borgo di Castellar Ponzano
Percorrendo l’antica via Postumia nel tratto a sud di Tortona, a circa 8 km. dalla città si raggiunge una piccola frazione, di nome Castellar Ponzano. Questa località, che potrebbe passare inosservata al viaggiatore poco attento, o frettoloso, racchiude invece un’interessantissima storia e soprattutto ben due castelli. Uno, già degli Isimbardi, è ormai ridotto a rudere, mentre il CASTELLO più antico, già dei Ponzano e poi dei Balbi, resta ancora in piedi, imponente, a sentinella dell’antica strada.
Il luogo è un punto strategico non solo per il controllo dei traffici commerciali, ma anche per quello del fiume Scrivia. Oltre al guado nelle vicinanze del CASTELLO, dal Medioevo sono documentati svariati attraversamenti nei pressi della Postumia, l’ultimo dei quali, circa 8 km a sud di Castellar Ponzano, era protetto su una sponda dalla “commenda di San Bartolomeo”, un luogo fortificato già proprietà dei cavalieri di Malta.[1]
Due millenni di Storia
Sebbene non sia al momento possibile tracciare con precisione la storia del CASTELLO e del territorio nei tempi più antichi, il dominio di Roma nelle campagne a sud di Tortona ci ha lasciato due importanti testimonianze materiali: la già citata via Postumia ed un lungo acquedotto sotterraneo.
La via Postumia
Realizzata per ordine del console Spurio Postumio Albino Magno a partire dal 148 a.C., la via era una delle principali arterie dell’Italia settentrionale. Il suo tracciato, lunghissimo, collegava Aquileia a Genova, coprendo la maggior parte della Pianura padana e un breve tratto appenninico, per poi sfociare nel mare.
Per quanto d’interesse in questa ricerca, in epoca romana la via entrava in Tortona negli attuali corso Pilotti e via Arzani e la attraversa con la via Emilia. Dal foro la Via Postumia piegava a sud uscendo dalla città presso l’attuale quartiere di San Bernardino, dove è ricordata dal nome di una via che ne segue la direzione. Nei pressi della porta denominata “Leone” vi erano tombe ancora visibili almeno in parte nel XIV secolo.[2] La strada proseguiva toccando le attuali località di Castellar Ponzano, Villalvernia e Cassano Spinola, dove passava lo Scrivia in località San Bartolomeo presso l’attuale ponte di Cassano.[3]
Nei secoli la strada, nel tratto tra Tortona e Cassano, perse di importanza, e l’antica denominazione andò persa, prevalendo una nuova, indicante il collegamento con la località di Villalvernia (la strada nel Settecento era detta “via Vilasca”)[4].
L’acquedotto
Rispetto all’importante arteria stradale, sull’acquedotto vi è qualche certezza in meno, soprattutto sulla sorgente: a inizio XIX secolo Giuseppe Bottazzi ipotizzava che il condotto partisse da Pietrabissara, rifornendo le città di Libarna e Tortona[5], mentre recentemente Emanuela Borasi ipotizzò che il condotto « captasse l’acqua del Torrente Scrivia nei pressi della località Stretta di Villalvernia ».[6] Poi, sul percorso esatto dell’opera: sempre la Borasi afferma che « dopo un percorso completamente interrato », giungeva in città « diramandosi sotto l’antico impianto urbano ».[7] Invece riguardo alla tipologia del manufatto, vari scavi a partire dall’inizio del XX secolo[8] hanno messo in evidenza alcune sue caratteristiche:
« Il canale sotterraneo, realizzato interamente in muratura di calce e pietre (il cosiddetto “calcestruzzo romano”) ricavate dal vicino torrente Scrivia, presentava una copertura a botte e tutta la sezione interna era rivestita con uno speciale intonaco (opus signinum) che rende impermeabile la superficie. »[9]
I primi secoli di Castellar Ponzano
Secondo il reverendo Clelio Goggi il paese di Castellar Ponzano sorse « sopra l’antico acquedotto romano che conduceva l’acqua a Tortona » e dal quale « la gente attingeva acqua mediante pozzi, contemporanei all’acquedotto e fatti a scopo d’ispezione, e due posteriori.»[10] Senza discostarci troppo da questa tesi, si può affermare con un certo margine di sicurezza che il primo fortilizio (l’attuale CASTELLO), intorno al quale si sarebbe poi sviluppato il paese, sia sorto proprio per controllare l’approvvigionamento idrico della città di Tortona: esso è infatti posto a protezione del fiume Scrivia e di un importante canale, detto appunto “Ligozzo del Castellaro”,[11] diretto alla città, sfruttando inoltre la falda acquifera e l’antico acquedotto come fonti idriche.
Di questo primo fortilizio non abbiamo testimonianze scritte, ma consistenti tracce murarie in loco. Innanzitutto la pianta del CASTELLO, di forma trapezoidale[12]: da essa si riconosce che era munito di una forte torre angolare a sud-ovest, da cui si diramavano i muri di cinta con camminamento.[13] Poi, l’unica struttura integra di quella fase, ovvero l’attuale cantina centrale, una volta lato nord del perimetro, costituita con mattoni di svariato tipo, assai probabilmente di reimpiego (alcuni sembrano provenire da strutture romane). A questa struttura si accedeva dal cortile interno, e probabilmente vi erano ulteriori piani soprastanti di cui non restano tracce. Non è da escludere un origine longobarda per questo fabbricato.
Causa della mancata presenza di altre tracce di quel periodo fu probabilmente un evento bellico: probabile che sia stata ordinata la distruzione del CASTELLO proprio dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico I, detto il Barbarossa, artefice della distruzione della città di Tortona nel 1155[14]
La prima chiesa del paese
Nelle immediate vicinanze del CASTELLO doveva sorgere la prima chiesa di Castellar Ponzano. A tal proposito il Goggi richiama una tradizione secondo la quale era posta «verso Villa nel campo di San Pietro, ove […] furono trovate delle ossa umane, segno che vi era un cimitero»[15]. Questa collocazione nel “Campo San Pietro” viene considerata sicura in un volume sul tortonese a cura della società storica “pro Julia Dertona”.[16] La cosa certa è che la chiesa, almeno dal 1523, è dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Nello stesso anno la stessa, inclusa tra le «Cappelle curate esistenti fuori dalla città e dipendenti dal Capitolo» della Cattedrale, risulta unita alla chiesa di Villalvernia, e “tenuta” da Don Galeazzo Montemerlo.»[17]
Nello stesso anno il vescovo Maffeo Gambara ordinava però di abbatterla e costruire una nuova.[18] Il Goggi riporta che «la popolazione voleva affidare tale lavoro al feudatario (Balbi), e questo a sua volta non ne voleva sapere. Del che si lamentava il vescovo.»[19]
La nuova chiesa fu costruita nel sito dell’attuale, e successivamente sostituita da un’altra più grande. Rimasero però dell’antico edificio di culto due altari, conservati dalla famiglia Guasone (proprietaria del CASTELLO nel XIX secolo) e successivamente donati al fine di arricchire la nuova chiesa.[20]
La seconda fase del castello
Riporta lo storico Giuseppe Salice un “instrumento” datato 11 febbraio 1184 con il quale «il capitolo della cattedrale di Tortona investisce l’abbate del monastero di Rivalta del Castellaro, denominato in seguito Castellar Ponzano.» Non è al momento dato sapere lo stato del bene investito, ma la prima citazione del “Castellaro” è senz’altro un momento rilevante. Forse proprio in quegli anni l’edificio veniva ricostruito, anche se le caratteristiche della struttura fanno pensare ad un’epoca più tarda (XIII-XIV secolo). Nella ricostruzione venne comunque mantenuta la stessa tipologia del fortilizio precedente, ma con dimensioni ridotte: vennero erette una nuova torre angolare, sempre a sud-ovest, e un corpo di fabbrica nel lato prospiciente l’antica via Postumia. Alla fine di questa prima fase ricostruttiva il CASTELLO presentava dunque un aspetto già molto simile all’attuale: a completare i nuovi interventi un cortile interno ad archi a tutto sesto sorretti da colonne in laterizio. Un camminamento sopra le volte del cortile collegava la torre al blocco edificato ad est.
Nel suddetto cortile è ancora inserita una lastra in pietra con un profilo dantesco ed affascinanti simboli esoterici ancora da approfondire ed interpretare. A tal proposito ricordiamo un possibile passaggio di Dante Alighieri sulla via Romera, e quindi nei pressi di Tortona, in direzione Parigi tra il 1309 e il 1310.
Secondo Gian Michele Merloni in quell’epoca «la giurisdizione di Castellaro si estendeva anche sulla riva sinistra dello Scrivia, dove si trovava il molino Manuello, su sedime di diritto dei vescovi di Tortona e poi da questi infeudato alla famiglia Ponzano, che provvide secondo il costume e le necessità dell’epoca, a fortificare l’opificio.» A proposito del detto molino fortificato, secondo lo stesso autore il suo nome deriverebbe dal «celebre Emanuele Ponzano q. Carbone, legum doctor», sul quale torneremo più tardi.
I Ponzano
I primi documenti attestanti l’esistenza del castello, entrambi risalenti al XIII secolo, non danno indicazioni sulla proprietà dello stesso: in uno infatti è semplicemente citata la presenza di un Castellario desubter villam, mentre nell’altro si parla di un luogo detto Castellario de villa. Tuttavia, secondo lo storico Gian Michele Merloni «in quel tempo ne era investito il consortile dei signori di Villa, che per questo si diceva de Ponçano.» Alcuni documenti, riportati dal G. Salice, supportano la tesi del possesso del luogo da parte dei Ponzano: nel primo, dell’anno 1295 e definito “Elenco dei luoghi componenti il distretto e contado tortonese, ricavato da una pergamena posseduta dalle monache di Sant’Eufemia”, è contenuto il luogo di “[Castellarium] de Ponzani”, mentre nell’altro, tardomedievale ma di una data incerta, è citato, nel territorio dei Corpi Santi di Tortona, il Castellarium de Ponzano.
Ma torniamo sulla famiglia Ponzano, la cui importanza storica li rende degni, quantomeno, di una descrizione storica.
Essi costituivano un ramo dell’antica famiglia franca dei Manfredingi, la cui nobiltà si può far risalire addirittura al VI secolo d.C. Tra i membri illustri della consorteria vi furono Manfredo, detto il Cieco, conte in Longobardia nell’VIII secolo, e Manfredo IV, camerlengo di Carlo Magno.
A Tortona, nel Medioevo vari esponenti della famiglia ricoprono importanti incarichi pubblici: ad esempio, Il 15 ottobre 1220 risulta tra i consoli di Tortona Guglielmo di Ponzano,
Ma in particolare risulta importante il già citato Emanuele Ponzano, figlio di Carbone, legum doctor e nel 1364 vicario generale di Galeazzo II Visconti all’ufficio di provvisione del Comune di Milano. Più tardi, e più precisamente il 4 giugno 1365, il Ponzano otteneva diploma di nobiltà dall’Imperatore Carlo IV col titolo di conte ad personam e con facoltà di estrarre acqua da qualunque fiume scorrente entro i confini di Tortona, tanto per uso dei molini che per l’irrigazione delle sue proprietà.
In quel periodo il castello faceva parte di un “anello” fortificato disposto intorno alla città di Tortona. Questo sarebbe stato composto da vari luoghi fortificati che, essendo nei corpi santi, dipendevano amministrativamente dalla città stessa. Come abbiamo visto, alcuni fortilizi prendevano il nome da alcune dalle famiglie più importanti della città (Bosoleti, Calderari, Isimbardi, Montemerlo, Ponzano, Tensioni), mentre altri invece avevano toponimi propri (Mombisaggio, Vho).
Il Goggi rileva che nel 1462 il paese era già denominato “Castellar Ponzano”, anche se non specifica il toponimo esatto nel volgare quattrocentesco.
Dalle Guerre d’Italia ai nostri giorni
Le Guerre d’Italia
Il traumatico e violento passaggio da Quattrocento a Cinquecento vide la città di Tortona, e il suo territorio, contesi tra le dinastie dei Valois, re di Francia, e degli Asburgo, imperatori del Sacro Romano Impero e re di Spagna. In questo contesto i Ponzano parteggiano per i francesi, con nefaste conseguenze per la loro potenza e, soprattutto per il possesso del castello.
In particolare, in questo periodo si distinguono:
Gian Antonio Ponzano, in conflitto con il vescovo di Tortona a causa dell’intenzione di questo di ottenere un molino sullo Scrivia. In seguito venne arrestato dal duca di Milano Ludovico il Moro in quanto filofrancese, per venire liberato poco dopo con l’ammonizione del duca “a vivere bene”. Recidivo, lo troviamo nei primi del Cinquecento tra i “molti ribelli tortonesi” rifugiati nel castello di Stazzano, insieme a Carlo Crozza, Gerardino Gentile e un prete Carlo di Castelnuovo.
Francesco e Tomasino da Ponzano, che in seguito alla sconfitta francese nella battaglia di Novara del 6 giugno 1513, si danno alla guerriglia: ”Thomeno Ponzano, detto il conte, insieme con certi soi complici” venne infatti accusato di avere “tolte alla via pubblica certe robbe et dinari et cavalli tre di precio notabile a Giorgio Stumer di Norimberga e Marco Eystenofer di Ulm, mercadanti alemani”. La rapina era avvenuta vicino all’abbazia di Rivalta mentre i due tedeschi andavano da Serravalle a Tortona.
Gli stessi, all’avvicinarsi a Tortona tra fine agosto e inizio settembre 1513 di Bernabò Malaspina, guerrigliero filofrancese, si danno ancora al brigantaggio.
Verso la fine delle guerre tra Asburgo e francesi per il controllo del Ducato di Milano, si verificò un fondamentale evento bellico nei pressi di Castellar Ponzano: nei primi giorni del mese di giugno del 1544 Pietro Strozzi, una specie di commando “ante litteram” filofrancese, attraversava l’appennino provenendo dalla pianura padana, marciando in direzione di Serravalle. Durante la marcia fu duramente saccheggiato il borgo di Brignano, feudo dei filospagnoli Guidobono Cavalchini, mentre gli spagnoli radunavano truppe, e specialmente la cavalleria, a Tortona. Un contingente di truppe italiane venne inviato ad alloggiare « a la villa de Castellar », seguiti il 4 mattina da tutte le truppe spagnole. Lo Strozzi invece era a 5 km di distanza, verso Sardigliano, e marciava verso Serravalle.
Attraversato lo Scrivia quasi in contemporanea dai due eserciti, gli spagnoli, in difficoltà a causa di un terreno « tan aspero y cerrado de viñas tan espesas » vennero attaccati dalle truppe dello Strozzi che muoveva dalla « estrada maestra que va a Serraval », ma poi lo scontro volse a favore degli spagnoli che costrinsero i nemici a ripassare lo Scrivia con gravi perdite.
Come vedremo anche in seguito, pare proprio che il CASTELLO porti grande fortuna a chi attraversi lo Scrivia nei suoi pressi.
Il “Castellaro Balbi”
La prima presenza patrimoniale di un Balbi nella zona a sud di Tortona è attestata dalle fonti nel 1496: in quell’anno un tal Giovanni Giacomo Balbi, condottiero sforzesco, ottiene i terreni dell’abbazia di Rivalta Scrivia in locazione per nove anni, con l’obbligo di provvedere al restauro del monastero (chiostro e dormitorio).
Successivamente è attestata una nuova presenza di un componente della famiglia nelle suddette zone, ma questa volta si tratta di una notizia ben più importante: “Nel censimento del 1541 risulta risiedervi [nel CASTELLO] Galeazzo Balbi, proprietario anche di beni alle Bettole di Tortona e a Rivalta Scrivia”. Un anno dopo il Balbi consolida la sua influenza su quei territori, a quanto pare con l’obiettivo di controllare le acque provenienti da sud verso la città di Tortona: il 23 giugno 1542 acquista da Giovanni Battista Bigurro l’«acquedotto della Fraschetta della Communità di Tortona», con «obbligazione passata da questo verso la detta Communità del pagamento della Censa, e di osservare li Capitoli, e Statuti formati a riguardo del sudetto Acquedotto.»
Galeazzo sembra essere un personaggio importante nella vita politica di Tortona: nel 1543 è “commissario di Tortona”, e nell’ambito di tale ruolo gli viene ordinato di «soprassedere da ogni molestia [fiscale] contro gli omini di Garbagna, Grondona, Vargo, Fabrica, Bagnara, Santo Sebastiano et Gremiasco, sudditi del signor conte del Fiesco» . Molto più tardi, nel maggio 1580, in occasione della visita a Tortona di Enrico II duca di Braunschweig e della moglie Dorotea, rispettivamente genero e figlia di Cristierna feudataria della città, « il consigliere comunale Galeazzo Balbo fu incaricato di andar loro incontro a nome della città “il più in là possibile”.»
Si può ipotizzare che sia stata proprio questa rilevanza politica del Balbi, saldamente schierato con gli Sforza (e dunque con gli Asburgo), a consentirgli, «nei primi anni del XVI secolo», di ottenere il possesso del CASTELLO, in quanto era evidente «la militanza dei Ponzano nel partito francese,» e quindi di parte guelfa.
Un’altra ipotesi potrebbe invece collegare il passaggio del castello ai Balbi ad un evento ben preciso, e più precisamente ad un omicidio avvenuto nei pressi del castello.
Siamo nel secondo decennio del Cinquecento, e lo scontro, ormai decennale, tra francesi ed Asburgo è nel suo momento culminante. Gli animi, accesi dal posizionamento politico in una delle due fazioni, sono caldi e una … poteva scatenare la violenza. L’anno 1524, come testimonia uno dei protagonisti, avviene un incontro fatale: il 3 giugno 1524 il caveliere Fabritio Balbo uscì dal castello di Tortona «per andare in campagna aveder li segatori passando per il luoco del Castellaro de Ponzani», e sulla strada pubblica, visti insieme un tal Carlo Cazola ed Emanuele Ponzano, i quali «armati d’archibugi da ruota quali ivi passegiorno per uno pezzo parlandosi secretamente all’orecchie», videro il Balbo. Secondo la testimonianza del Ponzano, il Cazola gli andò incontro dicendogli «ascolta cavagliero, voi tu dire che quello che hai detto», al che il Balbo «interompendo le parole drizato l’arcobuggio verso la persona di detto cavagliero» per sparargli, ma l’archibugio «non piglio il fuoco».
Il Ponzano dunque «senza dire altre parole drizo il suo arcobuggio da ruota contra il detto cavagliero e con la botta lo feri con la balla d’una ferita che penetra con la cassatura in corpo, del che morse.»
Come riporta lo stesso testimone, seguì «inquisitione» e «confiscatione de beni».
Poco sappiamo dell’esito del processo, se non che il Ponzano si fece almeno «esilio d’anni setti», probabilmente per sfuggire all’arresto. Non è affatto improbabile dunque tra quei beni confiscati ci sia stato proprio il castello, che infatti non ritornerà mai più in possesso dei Ponzano.
In ogni caso nell’epoca Balbi il CASTELLO vide un sostanziale rinnovamento, con ristrutturazioni ed ingrandimenti: sul lato nord venne costruito un nuovo corpo di fabbrica sfruttando il muro perimetrale, che ai piani terra e prima venne adibita a residenza nobile (al piano terra sono ancora visibili gli affreschi con lo stemma dei signori Balbi), mentre al piano seminterrato una struttura precedente, probabilmente un portico con tetto in legno adibito a riparo per i pellegrini ad opera dei cavalieri TEMPLARI o di San Giovanni, venne trasformata in grande cantina voltata. Infine, sul lato sud fu costruito un loggiato con archi a tutto sesto e copertura a volte a crociera, di cui restano evidenti tracce sul muro rimasto. All’esterno, sul lato est al di sopra dell’antico ingresso, un’epigrafe con lo stemma di Galeazzo Balbi venne inserito per marcare il nuovo possesso del CASTELLO.
Di quest’epoca fino a poco tempo fa era rimasta anche un’eccezionale testimonianza iconografica: nella carta prodotta dal matematico Silvio Bonemano, del 1594, era raffigurato il CASTELLO visto dal lato ovest. La carta purtroppo però, a quanto pare, è andata perduta.
E non andò così bene nemmeno al CASTELLO nei tempi seguenti: alla metà del XVII secolo l’edificio, a causa del declino della famiglia Balbi e del saccheggio subito da parte delle truppe francesi nel 1642, era in parte diroccato. Nel cortile, i lati sud ed ovest del porticato, già coperti da volte a crociera, videro il crollo delle stesse e la loro sostituzione con tetti in legno. Sopra le volte i camminamenti vennero sostituiti dalle tegole dei tetti.
I Bussetti (o Busseti) e i Guasone
A metà Seicento il castello cambia proprietà: nel 1654 viene acquistato dai nobili fratelli Niccolò Maria e Biagio Busseti, tortonesi, che iniziano un nuovo ciclo di ristrutturazioni e restauri.
I Busseti (o Bussetti) sono una delle più antiche e prestigiose famiglie tortonesi: nella già citata “carta pecora” del 1140 avanzata all’incendio di Tortona, è citato il casato «Da Busseto».
Al momento dell’acquisto del castello i suddetti fratelli disponevano, a sud di Castellar Ponzano, del Molino Emanuele e della località denominata Busseto. Inoltre, dal 14 ottobre 1647 Niccolò era feudatario dei Comuni di Avolasca, Oliva e Rocca Grue.
Il nucleo dei possedimenti feudali dei Busseti si ingrandì successivamente in dimensione e prestigio: Il 22 settembre 1689 i figli di Niccolò, Biagio Gaetano e Carlo Alessandro, acquistavano Montegioco e Cerreto, e il 26 gennaio 1693 i feudi venivano eretti in marchesato. Il 18 dicembre dello stesso anno vi fu un ulteriore ingrandimento con l’acquisto dei feudi di Montebello, Cornegliasca, Casasco e Magrasso.
In seguito alla morte di Biagio G., succede nei feudi Carlo Alessandro. Il 14 maggio 1753 Giuseppe Gaetano, primogenito di Carlo A., consegna i feudi in quanto “senza discendenza”. Vi succedono il fratello Carlo e la sorella Anna, che il 26 luglio 1769 vengono investiti dei feudi col titolo di marchese. La sorella è vedova Del Carretto di Santa Giulia.
Nel 1766 il “marchese Busseti” è ancora proprietario del Molino Emanuele.
Tornando al castello, questo fu ceduto dai Busseti nel 1715 in enfiteusi perpetua alla famiglia Guasone, che sarebbe diventata definitivamente proprietaria nel 1824, rimanendone in possesso fino alla seconda metà del XX secolo. In questo periodo, e più precisamente Il 1° agosto 1766, il territorio di “Castelponzano” fu staccato da Tortona ed infeudato con titolo di conte a Gianfrancesco Massa Saluzzo.
Don Guasone, prete giacobino
Ma torniamo alla famiglia Guasone, ancora non pienamente proprietaria del castello, perché un suo esponente, nell’ambito delle Guerre napoleoniche, e più precisamente della celebre battaglia di Marengo, fu protagonista di un evento senz’altro eccezionale.
«All’alba del 14 giugno 1800, le truppe austriache uscirono da Alessandria, attraversarono la testa di ponte sulla Bormida ed attaccarono le truppe francesi attestate al di là del fiume. Quella stessa mattina, preoccupato da un possibile tentativo austriaco di aggiramento, Napoleone aveva ordinato ad una parte delle sue forze di dirigersi a nord ed a sud.
I primi veri scontri cominciarono soltanto a metà mattinata, sul fossato del Fontanone, quando i reparti di O’Reilly si scontrarono con gli uomini del generale Victor, sostenuti sul fianco sinistro dai 600 cavalieri del generale Kellermann.
Presto la battaglia si fece confusa: gli austriaci non riuscivano ad ottenere il risultato sperato, mentre Napoleone, dal quartier generale di Torre Garofoli, considerava la battaglia un diversivo nemico. In soccorso di Victor, così, giunse solo il generale Jean Lannes che, di propria iniziativa, mosse le truppe del generale Watrin e la cavalleria di Champeaux. Nel frattempo, forze austriache guidate dai generali Ott e Elsnitz, superata la testa di ponte, puntarono su Castelceriolo, cercando di aggirare il fianco nord di Lannes.
A quel punto, Napoleone si rese conto di aver di fronte l’intero esercito austriaco e richiamò le truppe più distanti. Il messaggio, però, raggiunse soltanto la divisione di fanteria del generale Boudet. Attraverso una serie di attacchi successivi, gli austriaci costrinsero i francesi a ritirarsi verso San Giuliano. Per proteggere la ritirata, Napoleone dovette far intervenire anche la Guardia Consolare che, nell’azione di copertura, subì ingenti perdite. Ormai sembrava che per i francesi tutto fosse perduto. Lo stesso generale Melas, nella convinzione di aver vinto, inviò a Vienna un dispaccio con la notizia della vittoria.»
Nel frattempo, il generale Desaix, che aveva ricevuto in ritardo la richiesta di intervento da parte di Napoleone, era bloccato sulla riva destra dello Scrivia in piena, più o meno di fronte a Rivalta. La sera del 13 solo un reparto di carabinieri era riuscito a guadare.
Questa dunque la situazione all’alba del 14 giugno. Gli eventi che seguono, raccontati dagli storici Massobrio e Gioannini, testimoniano l’importanza di Castellar Ponzano e di don Guasone nella Grande Storia:
«[14 giugno] Ore 5, riva destra dello Scrivia davanti a Rivalta
Dalton, aiutante comandante della divisione Boudet, ha visto di ora in ora l’umore di Desaix peggiorare visibilmente. Il generale ha passato la notte sveglio e pieno di preoccupazioni: ancora nessuna notizia di movimenti di ritirata austriaci, mentre la ricognizione del capitano l’Héritier aveva solo portato la notizia che Novi era sgombra, mentre a Serravalle c’era il nemico. Non era, però, quel piccolo distaccamento austriaco o forse piemontese a preoccuparlo.
Dalton era tornato sull’altra riva per organizzare il passaggio del resto della divisione. un certo numero di barche erano state requisite nei paesi vicini, con i loro recalcitranti barcaioli. Così la 9a demi-brigade leggera aveva potuto passare, ma il guado è ancora reso impossibile dalla forte corrente. Un’ordinanza interrompe le elucubrazioni di Dalton. Un prete vuole parlare con il comandante con la massima urgenza, dice di essere un amico e di sapere come fare traghettare ai soldati francesi lo Scrivia. Dalton ordina che il prete sia portato da lui e, quando questo arriva, scortato da un paio di soldati, il suo atteggiamento non ha nulla di remissivo o di timido. Anzi, don Giuseppe Guasone ha tutte le carte in regola per rivolgersi alla pari al generale repubblicano : lui, prete di Castellar Ponzone, racconta d’essere stato imprigionato come giacobino dalla polizia piemontese, sottolineando con orgoglio che fra il clero tortonese ben più di trenta sono i patrioti e la situazione non è diversa nemmeno a Novi. Lì, nel giugno 1797 era stato eretto l’albero della libertà in piazza della Collegiata e nell’occasione padre Arcangelo dei Minori Osservanti aveva recitato un’orazione patriottica sulla Libertà e l’Eguaglianza. Di più, il mese successivo, in occasione della festa per l’anniversario della Bastiglia, durante la messa, il canto del versetto del Magnificat «deposuit potentes de sede» era stato accolto dai patrioti con spari in aria e le campane avevano suonato a distesa.
Dalton, però, ha poca voglia di ascoltare le storie dei giacobini locali, ne ha già abbastanza di quelle dei suoi compatrioti: cosa può fare per lui don Guasone? Il prete risponde che a Castellar Ponzone è padrone la famiglia Castellani-Merlani di Rivalta e che tutti i contadini del posto fanno quello che i signori gli dicono. Di più, la famiglia parteggia per i francesi e proprio combattendo a Novi l’anno prima era caduto un Castellani. Certamente i signori avrebbero voluto aiutare il generale, vendicando così la memoria del congiunto, e se il generale avesse voluto lui si sarebbe dato da fare per radunare barche e barcaioli per traghettare i soldati sulla sponda occidentale dello Scrivia »
«[14 giugno] Ore 10, riva sinistra dello Scrivia a Rivalta.
Desaix è contrariato come mai Dalton l’aveva visto. Nemmeno la notizia che finalmente tutta l’artiglieria della divisione Boudet ha terminato di passare da questa parte del torrente gli piega il viso nel ben che minimo moto di soddisfazione.
Nonostante il ritardo fino a ora accumulato sia enorme, Dalton ringrazia comunque la fortuna che gli ha portato quel prete, gli par di ricordare che di nome faccia Guasone, perché in quattro e quattr’otto è comparsa dal nulla una frotta di contadini con barche, corde e assi, mentre coppie di buoi, aggiogati ai cannoni, hanno reso possibile ciò che fino alla notte precedente sembrava un sogno.La fanteria era stata traghettata nella prima mattina, ma Duport, con i suoi cannoni e i traini carichi di munizioni e di polvere, aveva dovuto aspettare che il livello del fiume scendesse, consentendo ai suoi infangatissimi carri di guadare con relativa sicurezza.
Tutta la divisione, fanteria, cavalleria e cannoni è ora a Rivalta, pronta a muovere verso Pozzolo Formigaro, a meno di una lega da Novi […] »
La successiva vittoria di Napoleone conferma, ancora una volta, il buon auspicio dell’attraversamento dello Scrivia nei pressi del castello.
L’età contemporanea
Finita l’era dei grandi eventi delle Guerre napoleoniche, nel tortonese torna la calma: il paese è ancora luogo di attraversamento del fiume, come attestato da un documento del 28 febbraio 1817, con il quale il governo sabaudo definisce le tariffe da pagare per l’attraversamento dei «Porti, ossiano Barche sulla Scrivia dette di Rivalta, della Porta di Milano, e di Castellar Ponzano». Tale ruolo non sarebbe durato a lungo a causa dell’evoluzione tecnologica, particolarmente veloce nella seconda metà del XIX secolo.
Il CASTELLO, perso ormai il suo ruolo storico, diventa una tranquilla residenza di campagna, e viene acquistato e restaurato negli anni ‘70 dalla famiglia Taroppio.
Dal mese di aprile 2022, il CASTELLO è di proprietà di Luca Sforzini, che intende riportare questo luogo magico al posto che merita nella storia, nel presente e nel futuro.
Note:
[1] Ricordiamo che i beni dell’Ordine del Tempio, in seguito alla soppressione del 22 marzo 1312 al Concilio di Vienna (Isère), furono attribuiti all’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Non essendo chiara al momento la storia più antica della commenda, non è da escludere che fosse originariamente dei suddetti cavalieri.
[2] «Il cronista Jacobo Buxeto il quale fioriva sul finire del secolo XIV asserisce che ai giorni suoi sorgevano ancora lateralmente alla via Emilia, per quel tratto che dalla porta urbana denominata Leone metteva al Castellar Ponzano, alcune tombe in forma di piccole cappelle, d’ottima architettura, ornate di finissimi marmi, di statue, vasi, ed alcune delle quali avevano il pavimento a mosaico»: CARNEVALE Giacomo, Notizie storiche dell’antico e moderno Tortonese, Volume 1, 1845, p.63.
[3] BONAVOGLIA Giuseppe, Ipotesi sulla grande viabilità romana nel Tortonese, Iulia Dertona 52 (2004), n. 89, p. 7-13; TOZZI Pierluigi, La via Postumia, Varzi-Pavia 1999.
[4] https://archiviodistatotorino.beniculturali.it/dbadd/visua.php?uad=146225
[5] BOTTAZZI Giuseppe Antonio, Le antichità di Tortona e suo agro, Alessandria 1808
[6] Comune di Tortona, LA QUALITA’ DELL’ACQUA POTABILE EROGATA DALL’ACQUEDOTTO DI TORTONA. Documento Informativo redatto da ING. EMANUELA BORASI, Tortona 2021.
[7] Ibidem
[8] BARONCELLI P., Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1931 e 1932, contenente la relazione del Geom. CICCHELLA F. redatta il 30.04.1915; G. MANCINI, Notizie degli Scavi di Antichità, XIV, 1936; GIANELLI V. Iulia Dertona 2004.
[9] Comune di Tortona, LA QUALITA’ DELL’ACQUA, cit..
[10] GOGGI Clelio, Storia dei Comuni e delle Parrocchie della diocesi di Tortona (terza edizione aggiornata), Tortona 1973, p. 119.
[11] https://archiviodistatotorino.beniculturali.it/dbadd/visua.php?uad=146225
[12] La pianta è simile per tipologia a quella del castello di Nazzano, in provincia di Pavia
[13] Lo spessore del muro adiacente la torre è di 2 m. ca.
[14]
[15] GOGGI Clelio, Storia dei Comuni e delle Parrocchie della diocesi di Tortona (terza edizione aggiornata), Tortona 1973, p. 119.
[16] Guida di Tortona e del Tortonese, a cura della Pro Julia Dertona con il patrocinio della Cassa di risparmio di Tortona, Tortona 1977, p. 108.
[17] GOGGI Clelio, Per la storia della diocesi di Tortona – raccolta di notizie storiche – volume II, Tortona 1965, p. 119.
[18] GOGGI Clelio, Storia dei Comuni, cit., p. 119.
[19] Ibidem
[20] «L’attuale edificio a pianta centrale fu costruito dal 1863 su progetto dell’ingegnere Nicolo Bruno di Sampierdarena, demolendo la chiesa seicentesca. Nel 1898-99, la cupola che lo caratterizza, originariamente rivestita di ardesia, fu ricoperta completamente in rame. Nell’abside, sono conservate due tele del XVII secolo raffiguranti una Sacra conversazione e un San Gerolamo.» https://storiediterritori.com/2018/11/05/castellar-ponzano/
[21] SALICE Giuseppe, Annali tortonesi ossia compendio storico-cronologico dei principali avvenimenti occorsi nella città, contado e diocesi di Tortona dal principio dell’Era Cristiana fino al 1300, Torino 1874, p. 318. Anche il Pollini è dello stesso avviso: POLLINI Luigi, Memorie storiche, cit., p. 38.
[22] MAZZUCCHI Andrea, I primi anni dell’esilio (1302-1310), su internetculturale.it, Internet Culturale. URL consultato il 17 maggio 2015 (archiviato dall’url originale il 24 settembre 2015).
[23] TRUCCO, Cartari, doc. CCXX
[24] TRUCCO, Cartari, doc. CCXVII
[25] MERLONI Gian Michele, Castelli, Torri e Luoghi fortificati del Tortonese antico, Tortona 1989, p.35.
[26] SALICE Giuseppe, Annali tortonesi ossia compendio storico-cronologico dei principali avvenimenti occorsi nella città, contado e diocesi di Tortona dal principio dell’Era Cristiana fino al 1300, Torino 1874, p. 439
[27] Ibid., p. 129.
[28] MERLONI Gian Michele, Castelli, cit., p.36.
[29] MERLONI G. M., I Francescani a Tortona su Sette Giorn.
[30] ASTo, Sezione Corte, Paesi di nuovo acquisto. Scritture riguardanti il contado e la provincia di Tortona [Inventario n. 51], Tortonese, Mazzo 1. Tortona, Fascicolo 8.
[31] Codice Opizzoni, II, pp. 585-89, sch. 350 e pp. 628-33 , sch. 382 (nota 84 nel libro del MERLONI)
[32] GABOTTO F., Le origini e le prime generazioni dei conti di Cavagliá, Genova 1902; GABOTTO M., Origine delle grandi famiglie dell’Italia subalpina secondo recenti studi, in Rivista del Collegio Araldico, 1911.
[33] Codice Opizzoni, II, pp. 342-43, sch. 593.
[34] GOGGI Clelio, Storia dei Comuni, cit., Tortona 1973, p. 119.
[35] Comitato Amici dell’Abbazia di Rivalta Scrivia, L’abbazia cistercense di Santa Maria di Rivalta Scrivia: La storia, l’arte, i restauri, Tortona 2013, p. 11.
[36] https://storiediterritori.com/2018/11/05/castellar-ponzano/
[37] ASTo, Sezione Corte, Paesi di nuovo acquisto. Scritture riguardanti il contado e la provincia di Tortona [Inventario n. 51],Tortonese, Mazzo 2. Tortona, Fascicolo 1.
[38] CAMMARATA Italo, Storie del Cinquecento, p. 73.
[39] Ibid., p. 174.
[40] http://beatrice.netribe.it/database/urp/tortona/vivi_tortona.nsf/pagine/C6FCCC8EB643FC1EC12570DC0057E71E?OpenDocument
[41] CAMMARATA, Storie del Cinquecento, cit., pp. 57-59.
[42] La carta si trovava nell’Archivio di Stato di Genova.
[43] MANNO Antonio, Dizionario feudale degli antichi stati continentale della monarchia di Savoia, Firenze 1866, p. 64.
https://www.museotorino.it/resources/pdf/books/347/index.html#68/z
[44] https://castellarponzano.wordpress.com/2011/05/21/281/
Il racconto è citato per la prima volta in OLIVA Pietro, Marengo antico e moderno, Alessandria 1842, pp. 264-265. Citazione dell’evento anche in CROWDY T.E., Marengo: The Victory That Placed the Crown of France on Napoleon’s Head, 2018.
[45] Raccolta degli atti del governo di S.M. il Re di Sardegna dall’anno 1814 a tutto il 1832, vol. V, Torino 1844, p. 58.
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